Le architetture vegetali
Nell'elenco degli elementi classificati come architetture vegetali

compaiono filari a diversa composizione specifica (salici, pioppi, gelsi...), roccoli, aree a prevalente funzione
ricreativa (giardini) e vestigia di colture che, a fronte dell' importanza storica
e paesisitica che rappresentano, sono state considerate come vere e proprie architetture.
Molto di quello che esisteva è andato perduto.
I cambiamenti delle economie e degli assetti del territorio si sono associati a
patologie e parassiti che hanno portato alla lenta scomparsa di quelli che un
tempo erano elementi fondamentali del paesaggio rurale.
Tra Maresso e Trecate, presso la Fontana Squallera,
è ancora presente un lunghissimo filare di salici sulla riva del ruscello originato dalla sorgente della Squallera. I salici, tenuti capitozzati per avere sempre legno nuovo, venivano utilizzati per le operazioni di legatura dei tralci di vite. Molti dei corsi d'acqua minori erano bordati da questi bellissimi filari, di cui oggi rimane nella maggior parte dei casi solo qualche esemplare isolato, essendo cessati l'utilizzo e le necessarie cure colturali (capitozzatura a testa di salice).
I cipressi del colle ai Pen
non sono un semplice ornamento delle colline del Parco.
La loro originaria funzione era quella di individuare i
confini di alcuni possedimenti terrieri dell'area.
Sono stati infatti rinvenuti alcuni cippi in pietra che,
perfettamente allineati con i cipressi, identificavano i confini delle proprietà.
Oggi, purtroppo, i rimanenti cipressi del colle sono molto deperiti poiché
colpiti da un cancro di origine fungina che porta inevitabilmente alla
morte i soggetti colpiti.
Nell'ambito di questo progetto il Parco ha acquistato alcune giovani
piante resistenti a questa malattia e, in collaborazione con alcune
aziende agricole, ha sostituito i soggetti morti o deperienti, ricostruendo
quello che è uno degli ambiti più caratteristici del paesaggio del Parco.
Della pratica della gelsibachicoltura,
che aveva interessato l'intera Brianza con prevalenza delle zone di pianura,
è rimasto oggi ben poco.
Dal 1470 circa, l'esplosione della coltivazione del gelso per l'allevamento
del baco da seta cambiò gli assetti territoriali e agricoli dell'intera Brianza.
Un ordine emanato da Galeazzo Sforza imponeva per questi territori la presenza
di almeno 5 gelsi (i muron) per ogni cento pertiche di terreno e la coltivazione
del gelso rimarrà importante (così come le attività manifatturiere legate alla
produzione della seta) fino alla metà del secolo XIX. Nel Settecentesco catasto
teresiano buona parte dei territori terrazzati del Parco vengono censiti come "vitato moronato",
ovvero come appezzamenti di terreno in cui vi era un'alternanza di vigneto e gelsi.
Oggi, di quello che fu uno dei caratteri fondamentali di questo paesaggio
(la piantata di gelsi), non rimangono che pochi esempi isolati, a volte
recuperati con funzione ornamentale.
Il castagno

Oltre a fornire in alcuni periodi l'alimento base per la popolazione locale,
diventò in alcuni periodi (sec. XV e XVI) importante fonte di produzione di
paleria per le strutture di sostegno alla vite.
Il vero castagno da frutto (l' Ostana) allevato ad alto fusto,
a ragione inserito tra le architetture vegetali del Parco,
è oggi una rarità per questo territorio (anche a causa delle caratteristiche
poco favorevoli dei suoli) e i pochi esemplari presenti sono nascosti nei
castagneti allevati a ceduo, la cui destinazione è oggi una limitata produzione
di legna da ardere.
Loc. Butto, 1 - 23874 Montevecchia (LC) — C.F. 94003030130, P.I. 02236220139
Tel. 039.9930384, PEC certificata@pec.parcocurone.it
Albo pretorio — Contatti — Privacy